NOVITA’ EDITORIALE Giacomo Matteotti, “Il fascismo tra demagogia e consenso. Scritti 1922-1924” a cura di Mirko Grasso, prefazione di Alberto Aghemo

La Fondazione Giacomo Matteotti ha pubblicato per i tipi di Donzelli un’edizione critica del volume “Reliquie”, che nel 1924 propose un’antologia degli scritti sul regime mussoliniano del giovane segretario del Psu, da poco assassinato dalla Ceka fascista guidata da Amerigo Dumini.

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Giacomo Matteotti, “Il fascismo tra demagogia e consenso. Scritti 1922-1924”, a cura di Mirko Grasso e con una Prefazione di Alberto Aghemo, Edizioni della Fondazione Giacomo Matteotti per i tipi di Donzelli Editore nella collana “Saggi. Storia e scienze sociali”, Roma, 2020, pp. XXI – 229, € 28.00

Dalla Prefazione, “Giacomo Matteotti, antifascista”, di Alberto Aghemo:

“Non di rado la Storia procede per amari paradossi. Particolarmente beffardo è stato quello legato alla tragica fine di Giacomo Matteotti: il brutale assassinio del più fiero e intransigente oppositore del fascismo diede il via alla resistibile ascesa del potere mussoliniano, consolidandone il passaggio da regime a dittatura. Un altro paradosso: si vuole – in questo concordano sia la vulgata sul ‘martire’, sia gran parte della storiografia più autorevole – che a decretare la morte di Matteotti sia stato il celebre, vibrante discorso di denuncia della violenza fascista eretta a sistema e dei brogli elettorali che, tenuto alla Camera il 30 maggio del 1924, fu un atto d’accusa teso, lucido, documentato, puntuale, sferzante e quindi insopportabile per le orecchie di Mussolini e dei suoi zelanti sicari. Ma fu un j’accuse pronunciato a braccio, del quale non esiste alcun testo predisposto, bensì solo il resoconto (involontariamente drammatico nella sua icastica registrazione delle interruzioni, delle accuse, degli insulti, delle minacce) degli stenografi della Camera. Il discorso più organico, più costruito, più ‘politico’ sarebbe stato senz’altro quello che il giovane segretario del Psu avrebbe pronunciato, sempre dal suo scranno di deputato, l’11 giugno del 1924. Lo aveva preparato con cura sino all’ultimo, fino alla vigilia: limato, documentato e arricchito di numeri, dati e circostanze. Ma quel discorso, il più bello, il più alto, il più duro, non lo abbiamo mai ascoltato.

Cancellato dalla morte, stracciato dalla brutalità assassina della Ceka di Dumini e dei suoi sodali, quel discorso è rimasto come una promessa non mantenuta, mortis causa, ai suoi compagni e agli spiriti liberi testimoni del declino della democrazia e del parlamentarismo. È rimasto inespresso in un plumbeo silenzio come una minaccia sospesa, ma disinnescata, per il duce.

Lo stesso destino è toccato a Un anno e mezzo di dominazione fascista, il seguito ideale di Un anno di dominazione fascista, la più lucida, puntuale e documentata denuncia della violenza sistematica del regime, ormai eretta a sistema…”.

Per i tipi della Pisa University Press la Fondazione Matteotti ha di recente pubblicato, insieme alla Fondazione di Studi storici Filippo Turati, “Un anno e mezzo di dominazione fascista”, un’edizione critica curata da Stefano Caretti del celebre testo matteottiano, basata su inediti del giovane segretario del Psu da poco rinvenuti presso l’Archivio Storico della Camera dei deputati.

Dall’Introduzione di Mirko Grasso, “L’indagine di Matteotti sul fascismo nella cultura italiana del tempo”:

“Gli scritti di Giacomo Matteotti che si leggono in questa edizione sono ripresi nell’ordine e nella ripartizione tematica dal volume Reliquie: stampato il 25 agosto del 1924 in 3200 esemplari è il primo libro uscito subito dopo il ritrovamento dei suoi resti avvenuto il 16 dello stesso mese. Nel testo convivono due immagini del politico democratico, quella del martire socialista e del fine interprete del fenomeno fascista nei suoi molteplici risvolti, immagini che devono prendersi in considerazione parallelamente per cogliere significativi elementi dell’operazione editoriale che cerca di incanalare in una prospettiva più ampia la figura di Matteotti e che, per svariati motivi che si cercherà di illustrare, risulta interessante riprendere.

All’indomani del sequestro, il Partito Socialista Unitario, di cui nell’ottobre del 1922 Matteotti è fondatore insieme a Filippo Turati, Claudio Treves e Giuseppe Emanuele Modigliani e poi primo segretario, si interroga su come pubblicare i numerosi ed efficaci scritti di Matteotti sul fascismo. Già il 13 giugno del 1924 scrive a Anna Kuliscioff: «il nostro Matteotti [è] il vero martire del nostro partito», dopo qualche giorno le confessa: «Le nostre notizie sono ottime, il cuore è rinfrancato, il sacrificio del nostro Matteotti ha probabilissimamente salvato la vita a parecchi noi e iniziato irreparabilmente la fine del regime criminale», il 26 ribadisce che il giovane compagno per la libertà dell’Italia «sacrificò la vita”.

Egli, inoltre, fornisce utili dettagli circa l’indagine sul fascismo portata avanti da Matteotti anche negli ultimi agitati momenti della sua esistenza, analisi che il Partito vuole da subito recuperare quale alta testimonianza del suo acume investigativo…

Mirko Grasso